I volti di Paestum: gli archeologi che danno nuova vita agli scavi

Luoghi
Conosciamo di persona Francesca Luongo e Francesco Uliano, i due archeologi impegnati nei nuovi scavi del Parco Archeologico di Paestum. Vite condotte tra passato e presente.

Francesco Uliano Scelza e Francesca Luongo

Seguendo la scia del vento, ci dirigiamo ancora una volta verso gli scavi di Paestum per respirare un po’ di Storia in questo luogo incantato sospeso in un tempo antico.

Ogni viaggio tra i templi è sempre rigenerante, un ritorno alle origini che facciamo molto volentieri. Stavolta più che mai, perché avremo il piacere di parlare in prima persona con gli archeologi vincitori della borsa di studio offerta da Pasta Antonio Amato, in partnership con il Parco Archeologico di Paestum, per finanziare nuovi scavi e ricerche nell’area.

L’intento degli archeologi, con questi lavori, è quello di ottenere dati sulla vita quotidiana, la situazione abitativa e la struttura economica della città all’epoca dei templi (eretti tra il VI e il V sec a.C.). La città romana che vediamo adesso intorno ad essi, infatti, ci parla unicamente di ciò che si sviluppò ben oltre il periodo della loro costruzione, ossia alcuni secoli dopo.

Dagli anni 60 ad oggi: lo “scavo nello scavo”

Le nostre guide speciali saranno Francesca Luongo e Francesco Uliano Scelza: “Aver vinto questo bando è già per noi una grandissima opportunità e una fonte di grande eccitazione - ci raccontano - trovarsi all’interno di un Parco Archeologico, contornato di vestigia antiche, poi, è indescrivibile. Ovunque si mettano le mani è già un’emozione. Raggiungere ogni mattina l’area di scavo che abbiamo studiato per tutta la vita è davvero una sensazione unica”.

Non solo emozione, ma anche meticolosità e attenzione: “La particolarità e la difficoltà di questo scavo consiste nell’analizzare un’area già parzialmente indagata, una sorta di ‘scavo nello scavo: oltre ad interpretare le evidenze che l’antichità ci ha lasciato nella sua stratificazione storica, dobbiamo anche cercare di entrare nella testa dei vecchi scavatori degli anni Sessanta, capire che cosa hanno fatto, ma soprattutto perché l’hanno fatto. Non sempre ci hanno lasciato un’adeguata documentazione”.

Si tratta, infatti, di un’area già parzialmente indagata negli anni 60, dove poi nel 2007 è stato eseguito un lavoro di restauro per il consolidamento delle mura. I nostri archeologi, dopo una serie di studi preliminari, si sono concentrati nel settore meridionale della domus 2 localizzata nell’insula 2.4, alle spalle del santuario meridionale (in modo particolare del tempio di Nettuno): è una domus che vive fino ad epoca tardo antica e che ha restituito una stratificazione muraria molto complessa.

Qui, negli anni Sessanta, l’archeologo Giuseppe Voza individuò dei blocchi in opera quadrata disposti a secco, secondo la tipica tecnica costruttiva di epoca greca arcaica. Egli definì questi muri come pertinenti ad una struttura verosimilmente abitativa di epoca arcaica, ma la sua discussione si ferma a questo punto: “Il nostro compito - ci chiariscono Francesco e Francesca - è stato di riportare alla luce evidenze solo parzialmente individuate che lui trovò inglobate nella muratura romana più recente. Noi abbiamo riportato alla luce questi resti, ai quali si sono aggiunti altri setti murari che negli anni Sessanta non erano stati individuati. Stiamo arrivando a definire l’interno e l’esterno di tale struttura. Non possiamo dire al 100% che si tratta di una struttura a carattere abitativo, ma lo possiamo ipotizzare.”

Il gusto e l’emozione delle nuove scoperte

Al perimetro di questa struttura, si aggiunge anche il rinvenimento di una evidenza che i nostri definiscono “enigmatica”: “Una lastra forata, quindi con un buco al centro, in travertino (il materiale con cui a Paestum veniva costruito tutto), che dalla forma potrebbe essere identificata con una cisterna o con una latrina. Nei prossimi giorni cercheremo di liberare e addirittura sollevare questa lastra per andare ad indagare quello che c’è al di sotto”.

E sicuramente questo settore dell’area, il settore nord occidentale, non è stato ancora intaccato da scavi precedenti: “Siamo i primi a sondarlo, è straordinario. Qualsiasi coccio, qualsiasi frammento di ceramica che portiamo fuori è sempre un tuffo al cuore!”. Appena si trova qualcosa, l’emozione è grande, ma viene subito frenata dalla razionalità. Bisogna mantenersi lucidi e analizzare, a mente fredda, che cosa si sta osservando: “Cerchiamo subito di compararlo non solo con le nostre conoscenze di base, ma anche con lo studio di volumi che portiamo ogni giorno in cantiere per sfogliarli e trarne cronologie per la datazione dei ritrovamenti”.

Un team vincente: quando l’unione fa la forza

Ascoltare le loro parole trasmette una grande passione. Ogni lavoro richiede impegno e dedizione, ma quello dell’archeologo forse è tra i più impegnativi per la mente e per il corpo: bisogna sopportare l’assurdo caldo estivo, il freddo invernale, la pioggia. Le difficoltà non sono poche: “Magari inizia a piovere e te ne freghi dell’acqua in testa, continui a scavare, a scavare. Vuoi continuare ad ogni costo per capire che cosa ti trovi davanti”, ci dice Francesca, con gli occhi che le brillano.

Facciamo un giro sul campo, gli scavi sono all’aperto e tutti i visitatori possono vedere quello che succede. Ci muoviamo con gli archeologi a conoscere il resto del team: tre operai e due studenti volontari che si sono uniti per fare esperienza. Lo stato d’animo del gruppo di lavoro è splendido: “Gli operai sono fantastici, ci seguono e ci supportano in tutto, senza di loro lo scavo non potrebbe andare avanti, specialmente in alcuni momenti. L’archeologo deve chiudersi in se stesso, ragionare, meditare, sedersi a tavolino e scrivere il diario di scavo, fare degli schizzi misurati, attribuire le unità stratigrafiche, fare i rilievi, prendere le quote degli strati prima di asportarli… grazie appunto all’aiuto degli operai riusciamo a fare tutto questo, sono sempre lì anche quando noi ci allontaniamo un attimo”.

C’è un clima davvero armonioso, indubbiamente: il team si prepara il caffè, mangiano insieme e cercano di risollevarsi lo spirito gli uni con gli altri facendo battute che a volte portano a reali interpretazioni di ciò che stanno scavando. Questo perché il lavoro non finisce mai, anche tra la battute e il sarcasmo bisogna rimanere sempre vigili.

L’equilibrio vita/lavoro: un filo che non si taglia mai

Per fortuna, Francesco e Francesca sono un duo affiatato che sa passarsi il testimone al momento opportuno: “Anche noi portiamo avanti una vita normale - ci assicurano - una vita che è vita quotidiana, familiare, con mariti, mogli, figli. Può capitare che arrivi una telefonata problematica o di affrontare situazioni che magari la sera prima non ti hanno fatto chiudere occhio. Quando arrivi qui, però, si crea una sorta di micromondo, in cui sembra che tutto resti fuori, grazie anche alla grande cooperazione e supporto della squadra”.

È il lavoro, quindi, a consentire di staccare la spina dai problemi della vita quotidiana, che tuttavia restano lì ad aspettarli, come capita a tutti noi, appena ci si allontana dallo scavo. Qualcosa da risolvere a casa, lavori pregressi da consegnare, quando invece ci sarebbe ancora da ragionare, a mente fresca, su quello che è stato fatto la mattina: “Noi, ad esempio, abbiamo un diario di scavo che aggiorniamo e scriviamo quotidianamente. Ci sono ipotesi che arrivano come epifanie improvvise che, se non scrivi, passano. È importante, una volta tornati a casa, buttare giù tutto sul diario e inserire i voli pindarici fatti la mattina. Spesso ci chiamiamo, ci mandiamo un whatsapp per continuare a discuterne o per organizzarci per il giorno dopo.”

Il sentiero del gusto della scoperta

È stata davvero una chiacchierata piacevole, ma il vento incalza ed è ora di rientrare. Anche se, ogni volta che veniamo qui, è più il viaggio di andata a sembrarci un ritorno a casa.

Continueremo naturalmente a seguire i lavori degli scavi: viveteli con Pasta Antonio Amato attraverso i live Facebook da Paestum e attraverso gli aggiornamenti su Instagram, Twitter, YouTube. Anche i Diari Salernitani seguiteranno il loro racconto, proseguendo lungo l’affascinante sentiero del gusto della scoperta!

 

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